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Ecuador: “revolución de los zánganos” contro Moreno

11 Ottobre 2019

“Se acabó la zanganería” (La pigrizia è finita). Con questa frase, il Presidente Lenin Moreno ha annunciato la fine della quarantennale politica di sussidi su carburante e benzina di cui ha tradizionalmente beneficiato la popolazione della classe lavoratrice. “Zánganos” (gli esemplari maschi delle api, intesi come semplici droni senza iniziativa personale) è un termine gergale tradizionalmente usato dalle parti più ricche della società per riferirsi ai lavoratori e ai poveri come “senza cervello” o “non educati” ancora una volta riflettendo le attitudini classiste di disgusto nei confronti della classe lavoratrice dell’Ecuador del presidente neoliberale. Improvvisamente, il termine è diventato una parola usata dagli oppositori di Moreno per riferirsi a se stessi e al nuovo movimento come “La revolución de los zánganos”

In seguito a questa misura economica shock, questa settimana ha visto una serie di grandi manifestazioni nel paese, mentre un nuovo pacchetto di riforme neoliberali veniva presentato dal governo Moreno in un tentativo di soddisfare le richieste del Fondo Monetario Internazionale. Quest’ultima esplosione di proteste di massa viene causata dall’annuncio del governo, il primo ottobre, di una serie di nuove misure economiche pensate per ridurre le spese pubbliche “inutili” e per ripianare ulteriormente il bilancio. La misura più controversa di tutte è stata la completa eliminazione dei sussidi su carburante e petrolio, attuati fin dagli anni Settanta, che ha contribuito direttamente ad un aumento del 123% del prezzo del diesel e simili aumenti di altri carburanti. Inoltre, il pacchetto introduce una diminuzione del 20% nel salario degli impiegati pubblici e l’inizio di piani per la privatizzazione delle pensioni e la rimozione delle salvaguardie per le condizioni dei lavoratori e per la sicurezza sul lavoro.

Prevedendo la probabilità e la forza delle proteste contro il suo governo, Moreno ha dichiarato lo “stato di emergenza nazionale” e ha proceduto a schierare sia la polizia che l’esercito contro le proteste nella capitale Quito e altre aree nel paese. Tra le forze più visibilmente alla guida della protesta ci sono il Movimento per la Rivoluzione dei Cittadini di Rafael Correa, così come un buon numero di organizzazioni sociali e sindacali, come il Fronte Unito dei Lavoratori (FUT), le organizzazioni indigene CONAIE e il partito politico Fronte Popolare (FP). Inoltre sia i sindacati dei lavoratori dei trasporti che le associazioni dei tassisti hanno annunciato una serie di scioperi per il 3 ottobre, fermando numerose città nel paese, tra le quali Quito e Cuenca. La provincia di Pichincha è diventata l’epicentro della lotta popolare, con più di 10000 persone che hanno preso parte allo sciopero e alle proteste. Anche se i lavoratori dei trasporti hanno sospeso lo sciopero il 5 ottobre, le proteste delle altre organizzazioni, particolarmente degli indigeni, non hanno mostrato segno di fermarsi. 

Lo stato di emergenza è stato particolarmente criticato dal Movimento per la Rivoluzione dei Cittadini (MRC) per essere incostituzionale, siccome manca di qualsiasi parametro specifico riguardo proporzionalità, legalità, durata, territorialità e razionalità (secondo il mandato della costituzione) ed è considerata da molti una misura per prevenire le rivolte di massa nelle maggiori città che rovesciarono i governi neoliberali di Jamil Mahuad nel 2000 e di Lucio Gutiérrez nel 2005. Sono stati fatti un totale di 350 arresti da quando sono incominciate le proteste il 2 ottobre, molti tra questi sono attivisti dei sindacati dei trasporti, mentre sono stati segnalati più di 20 feriti in tutto il paese. Nella città di Caymabe, Pichincha, è stato segnalato che la polizia ha usato pallottole vere contro i manifestanti. Inoltre, durante lo sciopero dei lavoratori dei trasporti dal 3 ottobre al 5, numerosi delegati e leader locali sono stati detenuti dalla polizia nella città di Cuenca, e altri 4 membri delle associazioni dei tassisti sono stati arrestati il 4 ottobre a causa degli scioperi. I tagli ai sussidi del carburante sono solo serviti ad alimentare le fiamme del malcontento popolare che si è diffuso nel paese sin dalla svolta economica neoliberale e dall’autoritarismo di Moreno. 

Da un lato, Moreno ha consistentemente provato a screditare la strategia economica di Rafael Correa (di grande successo e popolare) di combinare una maggiore spesa sociale con investimenti pubblici in grandi progetti di infrastrutture ed in energia, e la diversificazione dell’economia dal petrolio con la costruzione di un nuovo tessuto produttivo. Invece, il suo governo ha perseguito un pacchetto di riforme richieste dal FMI che ha incluso il licenziamento di migliaia di impiegati pubblici, la riduzione della dimensione del settore pubblico, l’inizio della privatizzazione di parti del servizio pubblico (particolarmente i servizi bancari pubblici), e l’introduzione di tagli ai settori dell’educazione e della sanità. Conseguentemente, i livelli di povertà e diseguaglianza hanno visto significativi aumenti nei passati anni del governo Moreno. Secondo i dati ufficiali, il livello di povertà strutturale è aumentato dal 23,1% del 2017 al 25,5% del 2019 con alcuni economisti che calcolano che la povertà strutturale raggiungerà il 30% per la fine dell’anno se le nuove misure economiche verranno attuate. Anche la povertà estrema ha avuto un aumento dal 8,4% al 9,5% durante lo stesso periodo di tempo. Inoltre, l’indice di Gini sulla diseguaglianza economica è aumentato dal 0,462 nel giugno 2017 al 0,478 nel giugno 2019, mostrando che le politiche di Moreno di riduzione nella spesa sociale hanno beneficiato principalmente i ricchi.

Dall’altro lato, il paese ha visto la continua rottura delle leggi costituzionali, con il processo dell’ex vice-presidente Jorge Glas in seguito a dubbie accuse, la censura di numerosi canali di informazione critici, lo scandalo degli “INA Papers” e la scoperta di conti in banche off-shore segreti collegati alla famiglia di Moreno, lo scioglimento del recentemente eletto Concilio della Partecipazione dei Cittadini e del Controllo Sociale (CPCCS), il ritiro dall’UNASUR e dall’OPEC e la continua caccia alle streghe contro Correa e altri leader della Rivoluzione dei Cittadini, come l’ex ministro degli esteri Ricardo Patiño e l’ex deputata Sofia Espín. 

Esther Cuesta, un membro dell’Assemblea Nazionale del Movimento per la Rivoluzione dei Cittadini, ha spiegato la posizione del suo partito riguardo sia la nuova ribellione sia il crescente autoritarismo e la repressione del governo Moreno: 

“Milioni di Ecuadoriani, con i quali ci uniamo come Movimento per la Rivoluzione dei Cittadini, rifiutano le misure economiche neoliberali, dettate dall’FMI e imposte al popolo Ecuadoriano dal governo Moreno, principalmente perché impoveriranno la grande maggioranza della popolazione: la classe media, la classe lavoratrice e i poveri, come anche le aziende medie e piccole, a detrimento del futuro dei bambini e delle giovani generazioni.”

Passa poi a spiegare ulteriormente il significato del movimento degli “Zánganos” nel contesto storico della lotta del popolo Ecuadoriano contro il neoliberalismo: 

“Fin dall’annuncio del paquetazo (il pacchetto di riforme neoliberali del governo n.d.t), quello che era iniziato come uno sciopero dei trasporti, è emerso come una crescente protesta sociale in tutto il paese e in tutti i settori della popolazione. Il popolo Ecuadoriano ha memoria. Le politiche di adattamento applicate nel paese negli anni ottanta e novanta provocarono enorme disoccupazione, l’impoverimento della popolazione, e l’emigrazione di circa il 12% della popolazione.”  

Da www.thegrayzone.com, 7. 10. 2019. Traduzione a cura di Paolo Corbelli

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