Paese | Politica

Lo spazio politico aperto dal governo giallo-verde

12 Maggio 2018

Da quando Senso Comune ha lanciato l’ipotesi democratico-populista nel novembre 2016, i temi che gli sono più propri si sono fatti strada in ampi settori del mondo progressista italiano. Gli esempi di Podemos, Mélenchon, Sanders e Corbyn han ridato legittimità a posizioni politiche fino ad allora marginali nella sinistra politica italiana. L’intervento pubblico nell’economia, l’euroscetticismo, il protezionismo, l’opposizione dura alle oligarchie economiche e sociali sono oggi temi con piena cittadinanza nelle discussioni politiche che ancora agitano le macerie della sinistra politica italiana.

Mentre i temi del populismo democratico hanno guadagnato spazio nell’opinione pubblica, lo stesso non si può dire per il dibattito interno ai soggetti che si sono presentati alle ultime elezioni politiche. Il voto del 4 marzo ha dimostrato quanto le varie proposte progressiste abbiano perso centralità nella società italiana: la linea liberal del Pd ha dimostrato di essere ormai residuale in Italia come nel resto d’Occidente; quella sbiaditamente “socialdemocratica” di LeU ha mostrato la sua distanza dai problemi della gente comune; infine quella “plebeista” di Potere al Popolo (pur con alcune innovazioni) si è chiusa in un immaginario e in delle pratiche politiche che le hanno impedito di uscire dagli steccati degli elettori iper-politicizzati di sinistra.

Insomma, il 4 marzo l’ipotesi populista-democratica non ha trovato cittadinanza in nessuna delle liste elettorali progressiste. L’ha parzialmente trovata – neanche troppo paradossalmente – nel tanto disprezzato Movimento 5 Stelle. La scelta di ministri-ombra apertamente keynesiani, l’insistenza su politiche di redistribuzione economica (il “reddito di cittadinanza”) e un discorso apertamente nazionale hanno permesso ai grillini di svuotare Pd, Leu e PaP (tutti orgogliosamente “di sinistra”) del voto di larghi settori progressisti e democratici. Ancor più paradossalmente, qualcosa di simile è successo con la nuova Lega nazionale di Salvini, che con l’abolizione della Fornero e la flat-tax ha sedotto fasce di voto popolare che prima di allora si erano rivolte a sinistra. 

Oggi il Pd, LeU e PaP esultano per il governo pentaleghista: tutti e tre sono convinti di poter intercettare le frotte di delusi dalla svolta “di destra” del M5S. Purtroppo, sbagliano. Sbagliano perché nessuno di loro è strutturalmente in grado di intercettare i voti in fuga dalla grande coalizione giallo-verde. A quest’ultimi, il Pd ha da proporre solo l’austerità responsabile, LeU un messaggio politico fuori sincrono, PaP un discorso ribellista incomprensibile per i non politicizzati.

È per questo che è tempo di dare delle gambe all’ipotesi populista-democratica. Mentre Pd, LeU e PaP si preparano ognuno a proprio modo ad un’opposizione “di sinistra” alla grande coalizione giallo-verde, larghi spazi di movimento si aprono per una proposta che sia equidistante tanto dalla Lega che dal Pd, tanto da LeU che dal M5S. Perché, certo, il governo pentaleghista provocherà scontento. Ma non perché sarà (verosimilmente) un governo repressivo o più o meno apertamente razzista. Il governo Salvini-Di Maio deluderà perché non potrà portare fino in fondo la rivoluzione anti-oligarchica richiesta dal voto del 4 marzo.

Ogni passo indietro sull’Unione Europea, ogni regalo alle oligarchie nazionali, ogni politica antipopolare del nuovo governo potrà donare forza e consennso all’ipotesi populista-democratica. Al tempo stesso, ogni stucchevole richiamo all’austerità del Pd, ogni stucchevole gesto di responsabilità nazionale da parte di LeU, ogni stucchevole ribellismo di PaP libererà energie e voti anche all’opposizione.

Insomma, col governo giallo-verde nasce l’occasione di costruire un nuovo polo politico. Prendendo energie, consenso, menti e proposte tanto dall’area di governo che da quella dell’opposizione. Perché – sia chiaro – se nei prossimi cinque anni non riuscirà ad emergere un’opposizione populista-democratica, ci sarà lo spazio perché altre forze ancora più oscure emergano dal magma della società italiana.

Articoli Correlati

Problemi e limiti dello sviluppo democratico in Italia (III)

Problemi e limiti dello sviluppo democratico in Italia (III)

Nel 1956 la rivista socialista Mondo Operaio pubblicò una serie di articoli di Lelio Basso dedicati all’analisi delle tare strutturali e di lungo periodo della democrazia italiana. Lo storico esponente della sinistra socialista denunciava il carattere predatorio del...

Problemi e limiti dello sviluppo democratico in Italia (II)

Problemi e limiti dello sviluppo democratico in Italia (II)

Nel 1956 la rivista socialista Mondo Operaio pubblicò una serie di articoli di Lelio Basso dedicati all’analisi delle tare strutturali e di lungo periodo della democrazia italiana. Lo storico esponente della sinistra socialista denunciava il carattere predatorio del...

Problemi e limiti dello sviluppo democratico in Italia (I)

Problemi e limiti dello sviluppo democratico in Italia (I)

Nel 1956 la rivista socialista Mondo Operaio pubblicò una serie di articoli di Lelio Basso dedicati all'analisi delle tare strutturali e di lungo periodo della democrazia italiana. Lo storico esponente della sinistra socialista denunciava il carattere predatorio del...